Impostare il lavoro secondo una modalità di cooperative working non è più un’opportunità, è un passaggio obbligato dato che lo smart working adesso è previsto dal contratto di lavoro. D’altra parte, il ricorso al lavoro agile può comportare svariati vantaggi, come una riduzione dei costi e un morale migliore dei dipendenti. In alcuni casi può essere un’ottima soluzione per fronteggiare complessità strutturali e organizzative che possono nascere in un’azienda a seguito di espansioni sul territorio, fusioni o acquisizioni. Sia come sia, i team distribuiti saranno sempre più diffusi nelle aziende, bisogna perciò sapere come poterli gestire.
Spesso si tende a pensare che non avere i dipendenti sotto un diretto controllo porti a una riduzione della produttività, che le persone si rilasseranno e che, quindi, il lavoro non verrà svolto o, quantomeno, non avrà la medesima qualità di quello eseguito all’interno dell’azienda.
Non solo. C’è chi sostiene che sia difficile lavorare efficacemente insieme quando non si lavora faccia a faccia. In più, i risultati che si ottengono riunendo in una sala un gruppo di persone con competenze diverse non ammettono confronti, soprattutto nelle fasi iniziali di un progetto, quando si sta stabilendo la direzione da intraprendere.
Tuttavia, con lo smart working le persone non sono presenti in azienda e questo comporta una riduzione dei costi. E poi, siccome molti potenziali dipendenti, specialmente tra le nuove generazioni, vogliono poter sfruttare la flessibilità del lavoro a distanza, i team distribuiti risultano molto attraenti. Questo, aggiunto alla possibilità di andare oltre le restrizioni imposte dalle distanze territoriali, consente di assumere persone con requisiti ottimali anche se vivono lontano dalla sede aziendale. D’altro canto, i team distribuiti spesso sono molto produttivi, soprattutto quando le persone lavorano principalmente da sole perché riducono le interruzioni.
Uno dei principali problemi che riguardano i team distribuiti è la mancanza di visibilità tra quanto viene fatto dalle singole persone. Il bisogno di capire cosa fanno i propri colleghi non può essere sottovalutato e questo bisogno si soddisfa solo creando un contatto. La mancanza di riunioni “fisiche”, di incontri, di scambi di vedute e anche dei pochi minuti condivisi alla macchina del caffè può arrivare a far considerare i colleghi come degli antagonisti. Per evitare che ciò accada, bisogna assicurarsi che il team distribuito abbia una chiara visione del lavoro degli altri e capisca cosa fanno gli altri.
Ma come si può fare per avere un livello di interazione programmata o casuale con i colleghi simile a quanto accade in un ufficio? La risposta sta nell'usare gli strumenti giusti. Fortunatamente, insieme alla crescita del lavoro da remoto c’è stata un'esplosione di strumenti di collaborazione di alta qualità per ogni componente del team. Oggi ci sono tool specifici per i designer, per gli sviluppatori, per chi si occupa di contenuti, per le vendite. Tuttavia, lo strumento che rappresenta la base per il successo del lavoro con team distribuiti è quello che si occupa della comunicazione tra le persone. Deve essere uno strumento pratico ed efficace che consenta di dar vita a un vero cooperative working, permettendo di ricreare situazioni che facciano sentire i componenti del team come se lavorassero in presenza.
Nei team distribuiti, il concetto di ufficio assume una nuova dimensione. Lo stesso vale per le riunioni. Bisogna lavorare su degli obiettivi, il cui raggiungimento è frutto di compiti congiunti e dove il risultato dipende dagli sforzi di tutti. Anche il meno competente può avere un ruolo importante sul risultato finale.
Va quindi da sé che debba essere creato un forte senso di comunità tra i dipendenti in modo che siano condivise conoscenze e competenze per permettere la riuscita del lavoro. Questo dovrebbe poter essere favorito anche dagli strumenti usati, che dovrebbero semplificare al massimo l’operatività dei team. Ci sono addirittura strumenti, come Microsoft Teams, che consentono di amministrare tutta la “vita lavorativa” del team: a partire dalla sua creazione (con il migliore livello di strutturazione e organizzazione in funzione degli obiettivi da raggiungere) sino a tutta la sua gestione. Questo avviene attraverso la possibilità di gestire le comunicazioni quotidiane, condividere file e video, creare riunioni ed effettuare chiamate telefoniche. E tutto ciò dovunque ci si trovi e qualsiasi dispositivo, con la possibilità di accedere a Internet, si stia usando.
Ora che lo smart working è previsto dal contratto di lavoro, le aziende devono rivedere l’organizzazione del lavoro e la gestione dei dipendenti, che non sono più quotidianamente in ufficio ma operano soprattutto da remoto. Per ottenere un vero cooperative working è necessario ricreare anche in chi è distante dai colleghi un senso di comunità attraverso una precisa, puntuale e frequente comunicazione. Questo risultato lo si può raggiungere usando strumenti opportuni, progettati proprio per semplificare l’operatività dei team al fine di consentire alle persone di portare a termine i loro compiti come se lavorassero in presenza.
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